Jose Blog

środa, 10 października 2007

alla fine ho dovuto andare a farmi estirpare il menisco dal ginocchio perché nel flusso della mia vita si inserisse nuovamente qualche avvenimento degno di essere scritto. ho dovuto aspettare di trovarmi seduto in salotto con la gamba dritta e il gattone in braccio a fissare lo schermo del mio vecchio portatile, modalità “finestra sul cortile” e portacenere in perenne stato di sovraffollamento. alla finestra hitchockiana ho preferito uno schermo 16:9 su cui far scorrere dvd arretrati, che dalla finestra quella vera è venuta a bussarmi solo la nostra vecchia vicina e ho preferito far finta di essere morto. al posto della sedia a rotelle di james stewart io sono dotato di una di quelle sedie ergonomiche da ufficio con le rotelline. solo che purtroppo non mi è ancora permesso di usarla, perché ieri all’ospedale ho dimostrato una scarsa confidenza coi mezzi semoventi, essendo crollato rovinosamente al suolo nel tentativo di appoggiare il mio culone ossuto su di una sedia a rotelle che l’infermiera non aveva ancora provveduto ad infilare sotto il culone ossuto di cui sopra. ho piegato il ginocchio di circa centocinque gradi a fronte dell’ordine tassativo di non superare i trenta gradi per la prima settimana. abbiamo dovuto aspettare che mi passasse l’effetto dell’anestesia per essere sicuri che non mi fossi rotto il femore come un ottuagenario osteoporotico qualunque. inutile dire che quando ho alzato la testa dal pavimento ho visto negli occhi di mia madre lo sguardo di chi era pronto a firmare i fogli per l’internamento coatto.

in effetti è stato da quando ho messo piede in ospedale che non ho fatto altro che umiliare la mia mascolinità comportandomi come un bambino di cinque anni alle prese con la prima antitetanica. innanzitutto ero molto meno virile del mio vicino di letto, un aspirante wrestler muscolosissimo e supertatuato che andava a fumare in bagno di nascosto mentre io ero talmente teso che non buttavo giù neanche la saliva. lui si operava un tunnel carpale che gli aveva sfanculato la mano a forza di manovrare tenaglie sospeso nel vuoto costruendo ponti e viadotti autostradali. io mi facevo rimuovere schegge di un menisco che mi era andato in frantumi un capodanno di cinque/sei anni fa mentre entravo in sala con un vassoio di sformati ai funghi porcini cosparsi di salsa al pomodoro bollente. ricordo ancora perfettamente il momento in cui la scarpa ha smesso di aderire al pavimento scivoloso, il vassoio che volava in aria, il ginocchio torto in una posizione innaturale e la caduta accompagnata da un’esclamazione altisonante che per pudore sono riuscito incredibilmente ad interrompere in extremis dopo la “i” di “dio”. in realtà ricordo di aver pronunciato la “o” soltanto dopo che la salsa al pomodoro bollente aveva incominciato a filtrarmi attraverso la camicia bianca.

l’unico momento di serenità è stato il viaggio verso la sala operatoria in cui ho potuto sperimentare in prima persona quella fantastica soggettiva dalla barella che tante volte avevo ammirato nei miei medical drama preferiti. quando sono arrivato ho cominciato a fare storie per avere diritto a un sovradosaggio di anestetico. una mezza dozzina di punturate in giro per la gamba destra non sono bastate a scongiurare il patetico piagnisteo col quale ho continuato ad ammorbare i fuori corso in medicina che mi reggevano la gamba mentre l’ortopedico ci smanettava dentro. ho provato a distrarmi guardando le immagini delle mia articolazione smembrata che passavano sullo schermo ma ho solo peggiorato la situazione e alla fine sono riuscito ad ottenere dall’anestesista una massiccia dose di sedativi per endovena. a un certo punto mi hanno anche aperto a manetta quella mascherina col gas esilarante che usano i dentisti americani. alla fine avevo sofferto lo stesso come un cane però in compenso quando sono uscito ero steso peggio che dopo una maratona di grappe nardini. tutti hanno sperato segretamente che fosse per quello che più tardi in stanza sono caduto per terra, in realtà io ero veramente convinto che ci fosse la sedia a rotelle ad aspettarmi.

adesso comunque procede tutto alla grande, con me buttato sul divano a guardare film tutto il giorno e la first lady che mi accudisce e mi nutre con una dedizione che credevo riservata solo a certi sceicchi poligami delle fiabe. quando per esempio deve andare a fare la spesa mi faccio lasciare seduto sulla tazza del cesso con le sigarette, i giornali e un enorme romanzo di david foster wallace. al massimo c’è stato da respingere con una stampella il gatto che cercava di saltarmi sul ginocchio. sto lì a leggere e fumare finché non torna per riaccompagnarmi sul divano. stanotte forse chiederò anche di avere un barattolo di vetro per pisciarci dentro.

atroC.T.X.Z.B.tion

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